Test: Volkl Selecta 63

Arrivata per Natale dopo anni che sbavo dietro a questo tipo di tavola, grazie alle abbondanti nevicate che hanno ricoperto il nordovest, ho potuto provarla a fondo… 

La versione in questione è quella 2007 ma (non per fare come la volpe e l’uva) proprio da questa versione ad oggi non è cambiata nello shape. Le prime 2 versioni, del 2005 e 2006 avevano la coda arrotondata, mantenendo lo shape classico nonostante lo swallowtail, mentre dal 2007 ad oggi anche la parte posteriore di “soletta” che collega i due tail è leggermente swallow.


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A prima vista la tavola è molto ben rifinita, la venatura del legno a vista a mio parere è bellissima, come anche il fianchetto in legno al posto del classico fenolo e sulla coperta in corrispondenza delle lamine ha una banda di rinforzo in titanio. L’unico appunto che posso fare è che avendo una finitura lucida è molto bella da vedere ma soffre abbastanza i graffi, oltre che non avere paracolpi alle estremità delle due codine, cosa che può farle soffrire qualche colpo in coda…

La parte rialzata in p-tex tra le due code ha una duplice funzione: permette di avere un canale in coda per affondarla nella neve senza però avere un’eccessiva torsione di questa e permettendo anche di andare in switch.


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Lo shape è tapered di 2cm ed il setback di base è di 4cm. Queste misure sono meno estreme di quelli di una di una Fish di Burton e la fanno avvicinare più ad una Malolo, ma con in più lo swallowtail.

Come va quindi questa Selecta? Molto bene per circa l’80% delle condizioni in cui mi sono trovato…l’errore comune in cui si può incorrere è pensare che questo tipo di tavole abbiano una galleggiabilità mostruosa ma la questione non è tanto quanto galleggino in fresca, ma come ci vadano.

In fresca la Selecta 63 ha una galleggiabilità paragonabile alla mia Baron ES 64 che è solo 1cm più lunga e 8mm più larga ma il fatto è che a parità di velocità ha una maneggevolezza molto, ma molto superiore; questo permette soprattutto di avere una maneggevolezza totale alle basse velocità, quindi per esempio dove la pendenza non è estrema, o tra gli alberi, o ancora quando si decide di fare una certa linea all’ultimo momento.

Anche alle alte velocità si hanno dei benefici perché spesso con una tavola classica succede che ci voglia un certo spazio per fermarsi proprio perché una volta lanciati si fa fatica a piantare repentinamente la coda nella neve; con questo tipo di tavola invece basta spostare il peso leggermente indietro e schiacciare un po’ sul piede posteriore per regolare la velocità e lo spazio di arresto.

Dicevo che la differenza è nel “come” piuttosto che nel “quanto” galleggia: sono rimasto stupito da come salti sopra le irregolarità, le gobbe, o i muretti di neve…a Frabosa ad un certo punto mi sono trovato in mezzo alla fresca una traccia del gatto delle nevi, eppure mi ci sono ficcato dentro ad una velocità che con un’altra tavola mi sarei scassato le gambe! Più tardi ancora ho trovato una serie di whoops che ho passato divertendomi ad ammortizzarle o doppiandole come fossi in boarder, senza il minimo problema.

Da lì è partito il gioco a passare a stecca dalla pista battuta ai muretti di fresca a bordo pista, sempre più alti: basta ollare ed arretrare leggermente, la punta si piega e tu vieni sparato sopra l’ostacolo
Wink

Devo dire che anche in pista non si comporta affatto male: pur non essendo rigorosa come il Baron ES a causa di un flex più morbido, schiacciando sul piede anteriore permette di tirare delle belle curve, oltre che andare in switch in maniera più che accettabile. A questo punto attendo nuova powder
Mr. Green

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